Alluvione nel modenese, al via ricognizione puntuale dei danni

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brecciaI Dottori Agronomi  e Forestali modenesi non si sono  uniti ad altri nell’esprimere giudizi affrettati  ma dopo aver offerto la loro piena collaborazione alle Istituzioni a seguito  dell’alluvione del 19 Gennaio u.s. stanno dando ora  il loro contributo professionale per cercare di effettuare una ricognizione puntuale del danni  monitorando le varie situazioni aziendali, lo stato delle colture, le esigenze connesse al ripristino delle strutture fondiarie ed agroindustriali danneggiate. Non solo le colture in atto ma anche i terreni che erano stati parzialmente preparati per le semine primaverili registrano danni alla struttura (oltre che forti limitazioni alla praticabilità) che, peraltro, è tuttora difficile quantificare in tutta la loro entità , diretta e indiretta. Infatti, gli effetti negativi dell’alluvione si manifestano in tre direzioni: sul terreno, sulle colture e sull’attività agricola e agroindustriale. Per quanto riguarda il terreno si ricorda che essendo la fase liquida complementare alla fase aeriforme (ambedue occupano la porosità del suolo) si può avere un’insufficiente areazione che provoca tutta una serie di inconvenienti fisici e chimici tra i quali la diminuzione della concentrazione di ossigeno, l’arresto della nitrificazione e  quindi l’involuzione dell’attività microbica con ripercussioni negative sulla disponibilità degli elementi ed in definitiva della fertilità. In generale, gli effetti della sommersione e del ristagno dell’acqua sulle colture in atto, sono in parte la conseguenza dei fenomeni sopra indicati sommariamente, seppure variabili nella loro entità a seconda delle coltivazioni (colture erbacee, vigneti ,frutteti) dello stadio vegetativo e della durata del fenomeno. L’asfissia radicale è sempre dannosa e per talune colture l’esito può essere letale. In altri casi si hanno gravi rallentamenti   dello sviluppo, l’insorgenza di malattie nonché l’attacco di parassiti. Per le colture arboree in particolare i danneggiamenti possono risultare gravi ma anch’essi variabili con la stagione,  la specie, l’età, il portainnesto,ecc.Nel caso specifico dell’alluvione in questa parte della pianura modenese, è tuttora prematuro esprimersi circa l’effettiva entità dei danneggiamenti sui terreni e le colture. Mentre si può senz’altro affermare che nelle zone più prossime all’argine del fiume Secchia o degli altri corsi d’acqua interessati, il deposito di materiali anche grossolani, richiede un’opera di riassetto  dei terreni con asportazione quantomeno parziale  dei depositi stessi e ripristino integrale delle sistemazioni idraulico-agrarie, valutazioni tecniche più circostanziate  devono essere effettuate  in merito al trattamento dello strato  limoso (anche di diversi cm di spessore) depositato dalle acque sul resto della superficie interessata. Tale coltre di materiale mediamente fine è particolarmente evidente e rappresenta un’incognita oltre che sulle coltivazioni in atto anche sui terreni che erano pronti per le semine delle colture primaverili. Al momento, data l’impraticabilità dei terreni stessi, le scelte sono obbligatoriamente rinviate. E’ evidente che la  previsione di un loro interramento non può prescindere da una lavorazione mediamente profonda del terreno stesso che comporta oneri non indifferenti ed il forzato posticipo della messa a coltura che sconvolge sicuramente gli indirizzi colturali e può compromettere le produzioni anche nel medio periodo. In ogni caso l’incorporazione al suolo di tali residui (la cui natura potrà peraltro essere accertata con opportune analisi fisico-chimiche e, se del caso, microbiologiche) dovrà essere verosimilmente accompagnata da adeguata integrazione di fertilizzanti e lavorazioni secondarie tendenti a distribuire in modo omogeneo il materiale nello strato di terreno agrario. Sulle colture erbacee in atto occorrerà rinviare tali considerazioni una volta valutati gli effettivi danneggiamenti o, addirittura, al termine del ciclo annuale. Per quanto riguarda i danni sui vigneti  e sui frutteti (colture peraltro particolarmente diffuse nella zona e di grande pregio)   è necessario anche in questo caso attendere   per esprimere giudizi sugli esiti della sommersione che  ha avuto durata temporale differenziata nei vari appezzamenti in funzione della quote, delle pendenze, dell’efficienza della rete scolante, della natura del terreno. Non si dimentichi tuttavia che i fenomeni alluvionali hanno sconvolto in molti casi le strutture  dell’azienda agricola, gli indirizzi produttivi, l’efficienza dei parchi macchine, lo stoccaggio delle altre scorte (foraggi, paglia, sementi, concimi), la gestione degli allevamenti con aggravi insopportabili dei costi di produzione. gli approfondimenti sui danni causati alle strutture agroindustriali (cantine, caseifici) già provate anch’esse dal recente sisma che, peraltro, aveva indotto  anche parziali delocalizzazioni dell’attività produttiva.  Di tutte queste considerazioni e non solo, bisognerà tenere conto nella quantificazione dei danni, diretti ed indiretti che devono essere valutati caso per caso, all’attualità ed in prospettiva, nel contesto di una delle zone più vocate per l’agricoltura del nostro Paese.

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